martedì 1 novembre 2016

“La città che muore” è come la morte: non la puoi raccontare, puoi solo viverla



Complice il ponte dei Santi e la felice visita a Roma del mio eterno amico Francesco, e famiglia, siamo stati tutti assieme, per la prima volta, a Civita di Bagnoregio, la cosiddetta “Città che muore“. Le sensazioni uniche che si provano arrivando a piedi, rigorosamente a piedi, in questo luogo sono anche difficili da raccontare per chi come me che nella vita qualcosa ha scritto. Percorrere quel lungo ponte, unica via d’accesso al borgo, in queste giornate di terremoto fa tremare le gambe perchè quella città è in piedi per miracolo, è un’isola in precario equilibrio su uno spuntone di tufo rosso.

La signora Rossana, una delle dieci residenti ufficiali del paese, ha guidato mio figlio Mauro alla ricerca di un sasso di tufo da riportarsi a Roma. Per il resto del tempo invece lo abbiamo passato a scoprire da soli quello che è vivo in questa città, a cominciare dagli scorci sui maestosi calanchi, per continuare nei vari vicoletti dove sono stati girati anche alcuni famosi films, e finire davanti alla Chiesa di San Donato, purtroppo chiusa causa frangibilità del campanile a seguito del recentissimo terremoto.
Civita di Bagnoregio è un luogo assolutamente da visitare anche perchè è come la morte, difficile da raccontare ma comprensibile solo quando la si vive. Ecco, percorrete quel ponte in cemento armato, immergetevi nella solida fragilità di questo borgo e tornate indietro a Bagnoregio senza dimenticare di gettare un ultimo sguardo consapevoli davvero che, potrebbe essere l’ultimo della storia de la Città che muore.
Buongiorgio

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