giovedì 30 luglio 2009

121.406 aborti per Legge nel 2008: mi scuserete se non esulto?

121.406 aborti per Legge nel 2008: mi scuserete se
non esulto? Mi scuserete se non mi unisco al coro di chi grida: sono diminuiti
gli aborti. Scusate, ma penso a quei 121.406 volti, maschi e femmine, bambini e
bambine uccisi. Scusate, ma penso alle 121.406 loro mamme e papà col volto
triste, oggi o domani. E dovrei esultare?

 

E penso anche ai soldi buttati via dallo Stato,
prelevati dalle nostre tasse, per pagare questi aborti e mi domando perchè
almeno la stessa cifra non è data alle mamme che vogliono tenere il bambino. E'
una battaglia di pari opportunità questa? Ministro Carfagna, mi può dare una
risposta?

 

E penso a queste madri che sono andate ad abortire
senza poter incontrare, sulla loro strada, una parola amica, una parola di vita,
una parola di verità: vittime loro stesse col loro aborto.

 

E dovrei esultare?

 

Non voglio cedere alla presunta retorica di dire:
finchè ci sarà un solo aborto è sempre una sconfitta, anche se condivido e
sottoscrivo questa affermazione.

Ma non voglio neanche credere che gli aborti sono
diminuiti grazie alla Legge che permette l'aborto: un controsenso, un ossimoro
di morte tutto da dimostrare.

Ed il calo delle nascite? E le 400 mila confezioni
di pillola del giorno dopo distribuite ogni anno in Italia? ed i paesi dove si è
svolta già, in via sperimentale, la interruzione di gravidanza con la
Ru486?

Se cala il numero delle madri che ricorre all'ivg è
grazie all'opera silenziosa dei Centri di aiuto alla vita che, nella
clandestinità, come succede a Roma, operano accanto alla mamma, sottolineo
accanto alla mamma, per salvare vite umane.

 

Giorgio Gibertini

presidente

Centro di aiuto alla vita di Roma

lunedì 13 luglio 2009

Piero Gheddo e gli aiuti all'Africa

È necessario«educare» i poveri
Condivido i pareri positivi e laudatori espressi da mol­ti sulla Caritas in veritate, un documento che spe­riamo abbia un forte impatto in tutto il mondo, com’è stato per la Populorum progressio, che il presidente dell’In­dia definiva: «La magna charta dei popoli poveri». Vorrei tut­tavia annotare un aspetto su cui probabilmente il testo sor­vola.

giovedì 2 luglio 2009

Fede adulta il contropiede di Benedetto


Senza conformismi
Fede adulta il contropiede di Benedetto
Siamo tutti d’accordo: ci vuole un bel coraggio per essere anticonformisti, ma attenzione alle apparenze. Que­st’affermazione oggi vive infatti un sin­golare rovesciamento concettuale, del quale è bene prendere coscienza. Il conformismo che si va stendendo co­me una glassa dolciastra sulla cultura diffusa non è certamente costituito da verità inossidabili – semmai dipinte co­me zavorra di un passato 'ideologico' – ma sembra piuttosto una miscela di opinioni impalpabili e fluttuanti fatte passare ormai come unica moneta spendibile nel confronto pubblico. Il pulviscolo delle idee tutte equivalen­ti, nessuna delle quali può permettersi una qualsiasi pretesa di verità, oscura la vista come una nebbia e consiglia sot­tilmente di attestarsi attorno a un pen­siero minimo, magari banale e ovvio ma difficilmente soggetto a smentite pla­teali, su cui si può star certi che non si avranno noie. Tutti d’accordo su una ra­gionevolezza apparente, e guai a chi sto­na.

Eccola, allora, la vera impresa per intelletti coraggiosi: risalire la torren­ziale cascata dei luoghi comuni, che e­rode ogni punto fermo ed esalta l’u­niformità del pensiero medio. Sfidare la caduta libera dell’intelligenza, per mettere in sicurezza l’umano. Al noioso conformismo dei nostri tem­pi, più paralizzante delle sabbie mobi­li, deve aver pensato Benedetto XVI quando domenica sera, nell’omelia con la quale ha chiuso l’Anno Paolino, ha tratteggiato con parole memorabili la figura del cristiano animato da una «fe­de adulta»: definizione logora e stanca, che il Papa ha bonificato una volta per tutte del suo retrogusto contestativo re­stituendola alla lettura vigorosamente evangelica impressa da san Paolo in persona quando – scrivendo agli Efesi­ni – mise in guardia dal restare come «fanciulli in balia delle onde, trasporta­ti di qua e di là da qualsiasi vento di dot­trina ». Niente di più attuale. Lo «slogan diffuso» – sono parole del Papa – dipin­ge oggi come «matura» la fede del cat­tolico che «non dà più ascolto alla Chie­sa e ai suoi pastori ma sceglie autono­mamente ciò che vuol credere e non credere», e che ha il «'coraggio' di e­sprimersi contro il magistero della Chie­sa ».

Bel coraggio davvero, questa «fede 'fai da te'»: uno zapping religioso e mo­rale che odora di consumismo adole­scenziale più che di 'maturità' co­sciente di sé. Con sottile ironia, Bene­detto annota che a contestare la Chie­sa «in realtà non ci vuole del coraggio, perché si può sempre essere sicuri del pubblico applauso». Battuta impagabi-­le, che da sola fa giustizia delle sfibran­ti ovvietà di chi alla vigilia dell’encicli­ca sociale dà per rottamata la 'questio­ne antropologica': come se un pro­nunciamento pensionasse tutti gli al­tri. Il Papa rimette al suo posto ciò che fa 'grande' un credente enumerando che «fa parte della fede adulta, ad e­sempio, impegnarsi per l’inviolabilità della vita umana fin dal primo mo­mento » e «riconoscere il matrimonio tra un uomo e una donna per tutta la vi­ta come ordinamento del Creatore».

Lo spieghiamo anche ai nostri figli: adulto è – o diventa tale – chi sa dire qualche no che gli costa, chi «non si lascia tra­sportare qua e là da qualsiasi corrente», chi «s’oppone ai venti della moda». Questi tratti inconfondibili di una per­sonalità formata – e nessun pedagogi­sta oserebbe smentirlo – sono gli stessi che nelle parole papali svelano una fe­de matura, consapevole che «questi venti – come ci ricorda ancora Bene­detto – non sono il soffio dello Spirito Santo» ma altre brezze che spingono su una rotta diversa da quella di Cristo.

Che occorra ardimento nel percorrerla tra gli applausi generali è davvero comico sostenerlo, eppure – fateci caso – è quel­lo che ogni giorno ci viene ripetuto. Per fortuna, di anticonformisti veri al­meno uno siamo sicuri di averlo in­contrato. Ed è là, al timone che fu di Pietro.
Francesco Ognibene