mercoledì 24 settembre 2008

IO STO CON BAGNASCO


(...) Questi mesi estivi sono stati segnati dalla vicenda di Eluana Englaro, la giovane lecchese che, per un incidente stradale occorsole sedici anni fa, vive in stato vegetativo conseguente a un coma da trauma cranico. La partecipazione commossa alla sorte di questa giovane, la condivisione e il rispetto per la situazione di sofferenza nella quale versa la famiglia, sono i nostri primi sentimenti. È una condizione, quella di Eluana, che peraltro interessa circa altri due mila nostri concittadini sparsi per il territorio nazionale. Per loro e le loro famiglie, come pure per altri malati gravemente invalidati, è necessario un efficace  supporto da parte delle istituzioni. Non è questa la sede per richiamare l’iter abbastanza complesso che, rendendo questo caso emblematico, ha nel contempo evidenziato la nuova situazione venutasi a determinare in seguito a pronunciamenti giurisprudenziali che avevano inopinatamente aperto la strada all’interruzione legalizzata del nutrimento vitale, condannando in pratica queste persone a morte certa. Si è imposta così una riflessione nuova da parte del Parlamento nazionale, sollecitato a varare, si spera col concorso più ampio, una legge sul fine vita che – questa l’attesa − riconoscendo valore legale a dichiarazioni inequivocabili, rese in forma certa ed esplicita, dia nello stesso tempo tutte le garanzie sulla presa in carico dell’ammalato, e sul rapporto fiduciario tra lo stesso e il medico, cui è riconosciuto il compito – fuori da gabbie burocratiche − di vagliare i singoli atti concreti e decidere in scienza e coscienza. Dichiarazioni che, in tale logica, non avranno la necessità di specificare alcunché sul piano dell’alimentazione e dell’idratazione, universalmente riconosciuti ormai come trattamenti di sostegno vitale, qualitativamente diversi dalle terapie sanitarie. Una salvaguardia indispensabile, questa, se non si vuole aprire il varco a esiti agghiaccianti anche per altri gruppi di malati non in grado di esprimere deliberatamente ciò che vogliono per se stessi.

            Quel che in ultima istanza chiede ogni coscienza illuminata, pronta a riflettere al di fuori di logiche traumatizzanti indotte da casi singoli per volgersi al bene concreto generale, è che in questo delicato passaggio – mentre si evitano inutili forme di accanimento terapeutico − non vengano in alcun modo legittimate o favorite forme mascherate di eutanasia, in particolare di abbandono terapeutico, e sia invece esaltato ancora una volta quel favor vitae che a partire dalla Costituzione contraddistingue l’ordinamento italiano.

            La vita umana è sempre, in ogni caso, un bene inviolabile e indisponibile, che poggia sulla irriducibile dignità di ogni persona (cfr Benedetto XV, Discorso di saluto e accoglienza ai giovani, Sydney, 17 luglio 2008), dignità che non viene meno, quali che siano le contingenze o le menomazioni o le infermità che possono colpire nel corso di un’esistenza. Alla luce di questa consapevolezza iscritta nel cuore stesso dell’uomo, e che non è scalfibile da evoluzioni scientifiche o tecnologiche o giuridiche, noi guardiamo con fiducia alle sfide che il Paese ha dinanzi a sé, sicuri che il nostro popolo − con l’aiuto del Signore − saprà trovare le strade meglio corrispondenti alla sua voglia di futuro e alla sua concreta vocazione.

            Di tutto questo, come degli argomenti indicati all’ordine del giorno, discuteremo ora con franchezza e responsabilità, mentre ci affidiamo per il lavoro che ci attende alla Vergine Maria e ai nostri Santi patroni.

 

Angelo Card. Bagnasco

Presidente

 

COMMENTO DI SANDRO MAGISTER

 

La prolusione del Cardinal Bagnasco in apertura dei lavori del Consiglio permanente della Cei ha fatto discutere soprattutto per le dichiarazioni sul tema del testamento biologico. Ma sono molte le tematiche toccate dal presidente della Cei, in un discorso da cui è emersa, secondo il vaticanista dell’Espresso Sandro Magister, una posizione di estrema «tranquillità» ed «equanimità».

 Magister, quanto detto dal cardinal Bagnasco sul testamento biologico rappresenta un cambiamento nella posizione della Chiesa: era prevedibile questo mutamento, dopo la sentenza Englaro?

Una svolta c’è stata certamente: fino a qualche mese fa la Chiesa – sia la Conferenza episcopale, sia i laici cattolici impegnati pubblicamente su questi argomenti – sembrava compatta nel respingere qualsiasi ipotesi di appoggio a una legiferazione in questa materia, ritenendola troppo delicata per  essere costretta dentro le maglie di una legge. Invece adesso abbiamo una linea che si discosta da quella di qualche mese fa. La variante naturalmente, come ha fatto ben capire Bagnasco nella sua prolusione, è data dalle sentenze che hanno aperto la strada a un intervento di arresto della vita di un malato grave, addirittura interrompendo quelle che non sono affatto cure, come l’alimentazione e l’idratazione. Questo l’elemento che ha indotto la Cei, nella figura del suo presidente, a ritenere che occorra mettere mano a una legge che blocchi le vie di fuga che si sono aperte con questa sentenza. È dunque accaduto qualcosa, che ha portato a ritenere che sia meno rischioso intervenire in termini legislativi sulla questione

 

 

 

 

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